Introduzione

Il rispetto delle norme e delle buone prassi è elemento fondamentale nel corretto rapporto istituito su base fiduciaria tra il Committente ed il Professionista Architetto.
Questa pagina fornisce (anche per mezzo dei documenti disponibili per download o per mezzo dei link) una serie di informazioni utili.
In ambito professionale, si raccomanda sempre agli architetti ed agli utenti di riferirsi alle norme in versione completa, ufficiale ed aggiornata.
Questa pagina è elaborata a cura della Commissione Parcelle dell’Ordine degli Architetti PPC di Parma.

Obbligo del preventivo

Come è noto, dalla nuova normativa in materia di compensi professionali, scaturisce che il compenso per le prestazioni professionali deve essere pattuito, per iscritto, al momento del conferimento dell’incarico stesso, nella forma di un preventivo di massima, con il quale il professionista deve rendere noti al committente:
  • il grado di complessità dell’incarico;
  • tutte le informazioni utili ad ipotizzare gli oneri da sostenere nell’espletamento dell’incarico;
  • gli estremi della polizza assicurativa.

Il preventivo da presentare al committente dovrà inoltre:

  • stabilire il compenso in relazione all’importanza dell’opera;
  • indicare tutte le voci di costo per le singole prestazioni, specificando anche gli importi delle spese, degli oneri e dei contributi dovuti.

L’art.9 del decreto legge n.1/2012, come convertito dalla legge n.27/2012, ha abrogato le tariffe delle professioni regolamentate, nonché le disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso, rinviavano alle tariffe. Da ciò deriva che il sistema oggi vigente per la determinazione del compenso del professionista è basato sulla libera contrattazione tra le parti e, solo in mancanza di accordo, sulla liquidazione ad opera del giudice.

Obbligatorieta’ del parere di congruita’ dopo il DL n.1/2012

L’art. 9 del DL n. 1/2012, con cui sono state abrogate le tariffe professionali, non ha determinato una automatica abrogazione della facoltà dei Consigli degli Ordini territoriali di esprimersi sulla “liquidazione di onorari e spese” dei professionisti. L’art. 9, comma 5, del decreto-legge citato, infatti, dispone testualmente che “Sono abrogate le disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1″.

L’abrogazione normativa ha colpito, in sostanza, solo le disposizioni che rinviano all’istituto tariffario, quale parametro di riferimento per la determinazione dei compensi professionali, ma non anche il potere di accertamento della congruità dell’onorario, riservato agli Ordini professionali. La riforma non ha, pertanto, eliminato la funzione istituzionale dei Consigli degli Ordini territoriali, di verifica della corretta determinazione dei compensi professionali, ma ha inciso solamente sui criteri da porre a fondamento del provvedimento di accertamento.

Il cd “parere di congruità”, sulla base della normativa vigente, resta, obbligatorio:

  • per il professionista che, ai sensi dell’art. 636 c.p.c., intenda attivare lo strumento “monitorio” della domanda di ingiunzione di pagamento, per ottenere quanto dovuto dal cliente;
  • per il giudice che, ai sensi dell’art. 2233 c.c., in sede di liquidazione giudiziale degli emolumenti, dovrà “sentire” necessariamente l’avviso del Consiglio dell’Ordine, pur non essendovi vincolato in ordine alla determinazione del “quantum”.

Parere preventivo e parere di congruità

In linea teorica è possibile distinguere due attività di opinamento degli onorari professionali:
  • la prima tipologia, di carattere “preventivo”, che precede la trasmissione della richiesta di onorario dal professionista al cliente, serve per orientare la formazione elaborazione della parcella o, persino, l’accordo tra le parti (disciplinare di incarico), all’atto del conferimento di un incarico professionale (che chiameremo convenzionalmente: PARERE PREVENTIVO);
  • la seconda, di carattere “successivo”, che verifica la corretta formulazione della richiesta di pagamento dell’onorario, nell’ipotesi di disaccordo tra le parti, ovvero nell’ambito di un contenzioso giudiziario (vero e proprio PARERE DI CONGRUITÀ) .

Premesso ciò, si è dell’avviso che l’attività di valutazione degli onorari normativamente prevista, da parte del Consiglio dell’Ordine, DEBBA RIGUARDARE SOLTANTO IL PARERE DI CONGRUITA’ “SUCCESSIVO”, da rendere obbligatoriamente in caso di contenzioso, mentre nella disciplina oggi in vigore non trova, invece, esplicito riconoscimento giuridico l’ipotesi del parere “PREVENTIVO”.

La richiesta di pareri preventivi da parte dell’iscritto potrebbe porsi, anzi, in contrasto con il riformato quadro normativo, nella misura in cui il provvedimento del Consiglio dell’Ordine vada a sostituirsi alla volontà negoziale della parti private, ovvero si tramuti in un tentativo di reintroduzione indebito del sistema tariffario, mediante determinazione impositiva degli onorari ovvero di parametri valutativi standardizzati in chiave anticoncorrenziale.

La volontà negoziale, costituisce, infatti, l’unica fonte del disciplinare di incarico professionale.

Determinazione del compenso e ruolo del consiglio dell’ordine

Il professionista, d’intesa col cliente, nel calcolare il proprio compenso professionale, può liberamente riferirsi al sistema che ritiene più congruo, purché il cliente ne sia consapevole e sia reso edotto del grado di complessità dell’incarico e degli oneri ipotizzabili.

Nel caso in cui il professionista, al fine di promuovere un decreto ingiuntivo, chieda, invece, all’Ordine la vidimazione degli onorari, quest’ultimo potrà fare riferimento, in assenza di ulteriori accordi, ai parametri, di cui al DM 140/2012 anche se, in tal senso, non sia presente una espressa disposizione di legge .

Il Consiglio dell’Ordine, potrebbe, infatti, essere chiamato a pronunciarsi anche sui criteri di valutazione considerati dalle parti nella determinazione del compenso professionale. Per questa ragione è consigliabile che le parti, nella determinazione del compenso, facciano riferimento a criteri di valutazione oggettivi, individuati, in tal senso, proprio dal DM 140/2012 al quale, peraltro, dovrà fare riferimento il giudice in sede di contenzioso tra le parti.

L’abrogazione delle tariffe, da parte del decreto-legge n. 1/2012, ha determinato il venir meno del pregresso sistema tariffario, valido nell’attività di “liquidazione degli onorari” dei Consigli.

La normativa vigente, una volta venuto meno il sistema vincolante della tariffa, valorizza l’autodeterminazione delle parti (accordo), che ha assunto un ruolo predominante nella predisposizione del contenuto economico del disciplinare di incarico e, quindi, anche dei criteri da seguire nel giudizio di congruità da parte dell’Ordine.

La gerarchia tra i criteri, nella determinazione dei compensi, del resto, trova conferma anche nella disciplina della liquidazione giudiziale, ai sensi dell’art. 2233 c.c. e D.M. 140/2012, in cui i criteri “normativi” assumono carattere recessivo, trovando applicazione solo “in difetto di accordo tra le parti”.

Data prestazione e liquidazione dei compensi

Un tema molto dibattuto nei mesi scorsi è stato quello della normativa applicabile nel periodo intertemporale, ovvero di passaggio dal sistema tariffario a quello basato sulla libera contrattazione delle parti e, in caso di contenzioso, sui parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi, introdotti dal DM 20 luglio 2012 n.140.

La sentenza n.17406 del 12 ottobre 2012 della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ritiene che si debba applicare la disciplina del DM 140/2012 anche ai casi in cui le attività professionali si siano in parte svolte o siano iniziate nella vigenza dell’abrogato sistema tariffario (quindi prima del 24 gennaio 2012), qualora la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del DM 140/2012 (ovvero il 23 agosto 2012).

Il Consiglio Nazionale Architetti ha sottolineato in precedenza come in verità, in base al principio del “tempus regit actum”, la norma non dovrebbe essere retroattiva, per cui nella liquidazione dei compensi dovrebbe essere applicato il criterio vigente all’epoca dell’affidamento dell’incarico. Il CNA, a livello di principio, non condivide l’orientamento assunto dalla Cassazione, ma ritiene comunque doveroso rispettarne i dettati.

Per quanto concerne gli altri problemi applicativi di diritto transitorio, appare opportuno attendere i chiarimenti che verranno dalla giurisprudenza e dalle Autorità di governo.

Assenza di preventivo e conseguenze

L’art. 1, sesto comma, del DM n.140/2012 dispone che “L’assenza di prova del preventivo di massima di cui all’articolo 9, comma 4, terzo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, costituisce elemento di valutazione negativa da parte dell’organo giurisdizionale per la liquidazione del compenso”.

In modo analogo, la norma richiamata, investendo il profilo probatorio, in sede di contenzioso, della sussistenza o meno di un accordo sul contenuto economico della prestazione, depone a favore della forma scritta a tutela del professionista e del cliente. L’art. 24 del nuovo Codice Deontologico peraltro ribadisce più volte il criterio della forma scritta. Quanto ai riflessi di natura deontologica, per la eventuale mancata comunicazione del preventivo, pur in presenza di espressa previsione legislativa, l’adozione di eventuali misure sanzionatorie nei riguardi del professionista è rimessa alla valutazione discrezionale dell’organismo competente (oggi: Consiglio di disciplina territoriale).

Compensi nei lavori pubblici

In osservanza delle disposizioni di cui all’art, 5 del decreto-legge 22 giugno 2012 n.83, come convertito dalla legge n. 134/2012, e dell’emanazione del decreto del Ministero della Giustizia 31 ottobre 2013 n.143 (“Regolamento recante determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura ed all’ingegneria”)’ dal 21 dicembre 2013 (data di entrata in vigore del decreto) le stazioni appaltanti sono obbligate ad applicare quest’ultimo decreto per la determinazione degli importi da porre a base di gara negli affidamenti dei servizi di architettura ed ingegneria.

Antecedentemente al 21 dicembre 2013, invece, le stazioni appaltanti -in base al citato DL n.83/2012 -potevano fare riferimento alle “tariffe professionali e alla classificazione dei servizi vigenti prima della data di entrata in vigore del predetto decreto legge n. 1 del 2012 e questo “ai soli fini, rispettivamente, della determinazione del corrispettivo da porre a base di gara per l’affidamento dei contratti pubblici di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e dell’individuazione delle prestazioni professionali”.

Quindi, mentre nell’affidamento dei contratti e degli appalti pubblici, dal 12 agosto 2012 (data di entrata in vigore dell’art.5 del cd decreto-Sviluppo) al 20 dicembre 2013 risultava vigente il DM 04/04/2001 e l’art. 14 della legge 143/49, nei limiti della determinazione dei corrispettivi e della classificazione dei servizi professionali, dal 21 dicembre 2013 (data di entrata in vigore del DM 143/2013) in poi vi è l’obbligo per le stazioni appaltanti di determinare i corrispettivi da porre a base d’asta applicando il DM n. 143/2013.

Fonti:
Comunicazione C.N.A. all’Ordine architetti di Milano del 26.7.2012;
Comunicazione C.N.A. all’Ordine architetti di Milano del 14.9.2012;
Comunicazione C.N.A. agli Ordini Architetti del 23.3.2012;
Comunicazione C.N.A. agli Ordini Architetti del 11.4.2012;
Circolare C.N.I. n. 408 del 7.8.2014