Colorno, dalla follia alla creatività

Colorno mi ha adottata. Nel tempo ho capito che i colornesi possiedono la capacità di mettere in piedi iniziative per il territorio con una creatività sorprendente. 

Solo qualche esempio recente.

Un mese fa circa, all’Aranciaia di Colorno ho partecipato, in qualità di delegato dell’Ordine, alla presentazione del volume “Le vie e le strade di Colorno. Odonimi e Toponomi”, curato dal geom. Arturo e dall’arch. Erika Sereni. Questo volume raccoglie il censimento delle 155 vie del paese, accompagnato dal racconto delle vicende storico-architettoniche svoltesi nella tal piazza o via, o dalla descrizione delle vicende del personaggio locale illustre, a cui è stato dedicato il luogo. Preziosi strumenti di conoscenza e di appropriazione di fatti e figure che hanno reso Colorno prestigiosa, anche a livello nazionale.

Da quando ho letto il libro passo per il paese con uno sguardo diverso.

Pochi giorni dopo la popolazione si è riunita per celebrare con tutti gli onori il restauro, a opera dell’arch. Barbara Zilocchi, dell’amata statua di S. Giovanni Nepomuceno e il suo ritorno all’originaria collocazione sul ponte del torrente Parma, come voluto dal Duca don Ferdinando di Borbone alla fine del ‘700. Un avvenimento celebrato secondo i canoni di un vero e proprio rito che trova la massima suggestione nella benedizione della statua, quale atto dovuto, frutto di usanze antiche, mai perdute e vivamente condivise dalla popolazione.

La settimana scorsa si è tenuto il “Festival della Lentezza”, che quest’anno verteva sul tema del tempo che aggiusta le cose. Una serie di input e consigli per fermarsi a riflettere e capire come riparare gli oggetti, ma anche l’anima, la propria persona e la società. Come prendersi cura della realtà e sistemarla quando danneggiata.

Tutto questo accade nella cornice meravigliosa della Reggia e tra i declivi artificiali disegnati dagli argini, che trasportano il visitatore in un paesaggio quasi collinare, sorprendente nella piana del Po.

Penso insomma che i progetti, gli eventi, le manifestazioni dei colornesi siano i passi di una storia d’amore verso il loro territorio. E mi sono data una spiegazione a tutto questo, che ho rintracciato nell’antica presenza del manicomio. Forse vivere accanto a chi veniva definito “matto” ha dato a ogni colornese un’insolita libertà di espressione. Quasi che la convivenza con la diversità abbia generato una spinta creativa priva di convenzioni. 

Oggi mi sembra che questa buona “follia” consenta il coraggio e la libertà per proporre le più diverse espressioni culturali, senza timore di andare controcorrente, come ha fatto il “Festival della Lentezza” quando è nato, o come continua a fare per filosofia una manifestazione come “Tutti matti per Colorno”, in cui le strade del paese incontrano poeticamente realtà circensi e artisti di strada provenienti dal mondo intero!

Monica Pisanu

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