Architetto in quarantena

Come ho vissuto questo periodo di quarantena, esiliato in casa, lontano dai cantieri a causa dell’emergenza sanitaria? Devo ammettere che pensavo peggio!

Il primo step è stato trasferire tutto il mio Studio in casa. Inizialmente non è stato difficile, vivendo in un appartamento sufficientemente grande da consentirmi di ricavare lo spazio per un piccolo home office; ho portato dall’ufficio tutte le “scartoffie” che mi servivano a casa e ho comprato una nuova webcam, per eventuali videochiamate. Ma poi sono entrato nel loop delle modifiche: ho riorganizzato gli spazi una ventina di volte, spostato lo studio nel soggiorno, il soggiorno in camera e viceversa e stavo quasi per trasferirmi a dormire in bagno, avrò ricollocato mobili una ventina di volte al mese (per la gioia del mio parquet e soprattutto della mia schiena), per deformazione professionale. Il tutto scandito dal canto del pappagallo del mio vicino prima di pranzo e dal karaoke dalla finestra di fronte ogni giorno alle 18.

Come molti di noi, ho poi scoperto i programmi per le videoconferenze. Conoscevo solo Skype e non sono mai andato oltre qualche videochiamata con WhatsApp, invece devo ammettere che è stata una rivelazione: GoToMeeting, la piattaforma che il CNA ha messo a disposizione all’Ordine, ci ha dato la possibilità di non interrompere mai l’attività del Consiglio; Zoom mi ha consentito di mantenere operativi i rapporti con i clienti e vivi quelli con i colleghi, con cui ho anche organizzato video-aperitivi per tenere lontana la noia. Anche se ammetto che non sono un amante delle videoconferenze e preferisco ampiamente la presenza fisica (quando vedo le librerie sugli sfondi degli altri e scopro che sono più ordinate della mia, mi prende l’ansia e devo subito mettere a posto), questa è stata davvero una rivoluzione, che ci ha obbligato a utilizzare strumenti che abbiamo sempre snobbato, ma che invece sono sempre stati a disposizione per agevolare la nostra professione.

Inevitabile quindi aprire una riflessione su come, attraverso una diversa organizzazione del lavoro, potremo ridurre gli spostamenti, gestire il tempo e organizzare meglio la giornata. Ho sempre demonizzato l’home office, pensando che la mia giornata lavorativa iniziasse uscendo di casa e si chiudesse rientrando e staccando completamente la testa, ma in questi giorni ho rivalutato l’idea di smart working. Non solo a livello logistico, ma anche di gestione della tensione da affaticamento, avendo la possibilità di ridurre lo stress dovuto alla frenesia lavorativa.

In conclusione, penso che una volta usciti definitivamente dalle nostre case, alla prima boccata d’aria fresca (molto più fresca di quanto non lo fosse prima), saremo cambiati. Io sono dell’idea che non torneremo più indietro, o almeno io non ho intenzione di farlo.

Sicuramente riapriremo e porteremo avanti dibattiti come quello sulla rigenerazione urbana, che quest’Ordine ha sempre promosso. Bisognerà cominciare a ripensare gli spazi, pubblici ma anche privati, e i loro collegamenti. E promuovere un nuovo modo di pensare l’architettura. Questa crisi infatti è una grande opportunità per cambiare i paradigmi e accelerare, a mio parere, la rivoluzione ecologica.

Per questo, anche nelle attività dell’Ordine, stiamo studiando una serie di iniziative che mirino a portare i nostri iscritti a una profonda riflessione su queste tematiche e stiamo riorganizzando i tavoli di lavoro alla luce della nuova esperienza vissuta.

Insomma, alla fine la Fase 1 non è stata poi così male. Per carità, non ci vivrei…Adesso speriamo di superare in fretta la fase 2, pensando subito al futuro della nostra professione.

Pietro Cattabiani

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